Il carciofo di Castellammare è un sottotipo della varietà Romanesco, da cui si differenzia per l’epoca di produzione anticipata e il colore delle bratte, verdi con sfumature viola. La precocità è data dalla particolare mitezza del clima e dall’abitudine di rigenerare le piante ogni anno. All’epoca della ripresa vegetativa vengono scelti i migliori carducci, i germogli erbacei laterali che spuntano tutt’intorno alle piante madri, prelevati insieme a piccole porzioni di rizoma e trapiantati a dimora.
La sua origine affonda le radici nell’epoca romana: una frazione di Castellammare di Stabia, Schito, era considerata al tempo particolarmente vocata all’orticoltura. Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo “orti di Schito”.
Un’altra particolarità è data dall’antica tecnica colturale, tradizionalmente associata a tale varietà. Era uso, infatti, coprire la prima infiorescenza apicale (mamma o mammolella) con coppette di terracotta (pignatte o pignattelle) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento del carciofo, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
Il carciofo è un ingrediente dalla grande versatilità, impiegato in diverse preparazioni, dall’antipasto al secondo. Ha un legame forte con la tradizione della Pasqua, che normalmente coincide con il periodo centrale della produzione. In particolare, il carciofo arrostito nella brace è il piatto simbolo del lunedì di Pasquetta. Si usa il carciofo intero, posto direttamente nella brace di un barbecue. Quando è cotto (dopo circa mezz’ora) viene ripulito delle foglie bruciacchiate, condito con sale, pepe, prezzemolo, aglietto fresco e un filo di olio e consumato in abbinamento agli insaccati della tradizione contadina (in particolare dei Monti Lattari): salame e soppressata.
[fonte: Fondazione Slow Food]
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Alla fine e il carciofo violetto a dare il tocco “selvatico” che da una marcia in piu al sapore delle portate, facendo risaltare le “magiche fusioni” dello chef resident Gioacchino Nocera in piatti a base di carne e di pesce del territorio, esaltati da spezie pregiate (che una volta si serbavano in cassaforte), come il pepe rosa, odori e condimenti naturali che hanno conferito aroma e gusto speciale alle portate che sono andate a nozze col bianco e il rosso doc di Bosco de’ Medici: Lavaflava – Vesuvio Doc Lacryma Christi Bianco 2017 con piatti di carciofi abbinati al pesce e Cor Semelae – Pompeiano IGT Rosso 2017 in abbinamento a coniglio ripieno di salsiccia e guanciale, guarnito di carciofi confit e patate novelle.
Complimenti bravo continua cosi!!ottimo lavoro Grazie!!
Tra tutti i piatti che Cristoforo Trapani, chef de La Magnolia di Forte dei Marmi, ha presentato durante la cena stampa al ristorante di Identita Golose Milano, l unico di cui siamo riusciti a ottenere il bis e stato questo: il Carciofo Violetto di Schito con lardo di Colonnata, e una salsa di aglio e prezzemolo. Si tratta di una ricetta complessa, ma non difficile. I carciofi di Schito, o di Castellammare di Stabia, sono campani, proprio come Cristoforo.